La musica di un sogno. Storia del pianista fuori posto (2015) di Paolo Zanarella

Autore: Paolo Zanarella

Anno di pubblicazione: 2015

Casa editrice: Cairo Publishing

Città: Milano

N. pagine:

Sarà probabilmente capitato a molte delle persone che mi stanno ora leggendo, di avere avuto la fortuna di imbattersi, passando per una delle piazze delle loro città o cittadine, in un pianista vestito di scuro che col suo Kawai mezzacoda riempie e ‘riscalda’ di note l’atmosfera. La situazione tipica è la seguente: uno cammina distrattamente immerso nelle proprie preoccupazioni e d’improvviso le sue orecchie captano inaspettatamente una musica di pianoforte che lo ‘sradica’ dai suoi uggiosi pensieri e lo catapultano in una dimensione altra, quella dello Spirito, quello della nobile introversione. Una musica, la sua, che non guarda né al passato, né al presente, né al futuro. Uno scorrere di pensieri che ti fa sentire in un mondo diverso, più elevato. Non tutti conoscono ancora il suo nome: Paolo Zanarella. 


Paolo Zanarella, classe 1968, padovano, figura unica nel suo genere, ha voluto descrivere nel suo La musica di un sogno. Storia del pianista fuori posto (2015), la sua vita leggendaria. 
Ama definirsi “fuori posto” in quanto è del tutto inconsueto vedere un pianoforte nelle piazze pubbliche. Ma più in generale ama fluttuare fuori dagli schemi pur avendo una cultura che lo tiene coi piedi ben poggiati per terra. 
Il suo suonare non è mai “per se stesso”, solipsistico, ma vuole essere un dialogo con i passanti che ‘uscendo’ anche solo per pochi istanti dai loro pensieri ‘entrano’ in quell’atmosfera fatta di suoni (atmosfera estraniante, sì, ma che in realtà mette in contatto con se stessi).

Quasi metà libro (forse un po’ troppo) è dedicato alle peripezie e alle sofferte tribolazioni per ottenere di suonare in luoghi all’aperto (‘scontri’ e pochi ‘incontri’ con la burocrazia di varie città non solo del Veneto). A questo livello conosciamo un Zanarella caparbio, ostinato, ambizioso, che sembra voler tentare l’impossibile, ma anche un po’ ‘anarchico’ e ribelle. Ma dopo la Politica, ecco subentrare l’Estetica:  il clima emotivo del libro cambia, incontrandosi capitoli ora gustosi, ora a dir poco suggestivi, in cui l’autore parla del suo legame intimo, profondo e personale con la musica, attraverso un autobiografismo semplice e genuino. 
Scrive ad esempio: “Questo mio modo di interpretare lo spazio musicale mi consente di intercettare persone diverse rispetto ai classici amanti della musica, e, infatti, io voglio raggiungere gli amanti “assoluti”, offrire loro una diversa possibilità per sentire l’amore per la vita e conoscere quello per la musica”.


Zanarella non è solo un musicista – lui, detto per inciso, si vede come un “jazzista di classica” – un improvvisatore, un poeta, ma anche un ‘pensatore’, un filosofo, che riflette sulla musica, sulla sua valenza semantica, sulle sue potenzialità e sul suo potere, anche terapeutico. Ma Zanarella, come fa ben comprendere nel libro, è anche, a suo modo, un ‘antropologo’, nel senso che gli viene naturale osservare i comportamenti della gente che si ferma ad ascoltarlo, fiutare i caratteri e interagire con ciascuno di loro quasi ‘sentendo’ le persone.  In definitiva, più un “personaggio” che una “persona”, e quindi è inevitabile scorgere in lui una natura  “polisemica” (un simbolo dai molti, infiniti significati): nel senso che ciascuno di noi può vedere in lui un simbolo di qualcosa: c’è chi può vedere in lui il Coraggio, chi la Musica, chi la Poca Ortodossia, chi la Caparbietà, chi la Semplicità genuina, chi un sentimento di Libertà, chi il Desiderio…ognuno di noi può scorgere in modo molto personale un aspetto del suo personaggio e percepirlo come il suo ‘vero messaggio intrinseco’. 
A conclusione, voglio riportare un altro passo secondo me significativo che dice molto sulla sua personalità: “Per me la musica è gioia e anche in questo senso talvolta mi sembra di essere controcorrente. Siamo molto più abituati ai volti sofferenti e serissimi di musicisti che si struggono nello sforzo, ma io so di non essere così. Ho scelto di non essere così, ho scelto un’altra chiave interpretativa della dimensione musicale. Ho scelto una musica che porti gioia e che spero possa produrre gioia negli altri”.

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