Curar nevrotici con la propria autoanalisi (1987) di Cesare Musatti

Autore: Cesare Musatti

Prima pubblicazione: 1987, Italia

Casa editrice: Mondadori

Città: Milano

N. pagine: 160

Il mio primo incontro col pensiero di Cesare Musatti è avvenuto attraverso la lettura di alcuni sui saggi sul rapporto cinema – psicoanalisi. Per chi fosse interessato all’argomento, rimando per esempio alla raccolta Cesare Musatti, Scritti sul cinema (a cura di Dario F. Romano), Ed. Testo & immagine, Torino, 2000.

Più di recente sono invece venuto in possesso del suo ultimo scritto, Curar nevrotici con la propria autoanalisi. Musatti è nato nei pressi di Dolo (oggi esiste proprio il paese dedicato a suo nome) nel 1897 (ventisette anni prima del veneziano Franco Basaglia), pertanto all’epoca del suo ultimo libro aveva novant’anni. Sarebbe morto due anni dopo quest’ultima opera. 

Tra l’altro, anch’esso contiene due capitoli dedicati al cinema: è interessante rilevare che qui compaiono ad esempio considerazioni su quel capolavoro che è Io ti salverò (Spellbound) di Hitchcock.

Una foto tratta da un’emblematica scena di Io ti salverò di Hitchcock

Sapevo che Musatti è colui che per primo ha portato il pensiero di Freud in Italia, null’altro. All’interno della sua sostanziosa bibliografia, vanno per esempio annoverati il Trattato di psicoanalisi (del 1949), Mia sorella gemella la psicoanalisi (1982), e Leggere Freud (1989).

Ero molto curioso di leggere questo suo ultimo libro, suddiviso in brevi capitoli dai titoli ‘enigmatici’.
Specifica Musatti nel capitolo finale: “Il libro da cui ora mi congedo non è un’autobiografia. Ma ha necessariamente qualche carattere autobiografico”. Si è trattato di un “ripasso” della propria vita “allo scopo di rintracciare – per quanto era possibile – quelle mie esperienze personali, che mi sono state d’aiuto per capire le persone venute a chiedermi assistenza”. Ecco spiegato il senso del titolo: come Freud analizzò se stesso per comprendere i suoi pazienti, così anche Musatti pone in relazione il mondo esterno (dei pazienti), con quello suo proprio interno (autoanalisi). C’è insomma secondo Musatti una sottile ma degna d’interesse zona d’intersezione tra il Sé del terapeuta e il Sé del paziente. Musatti non si pone limiti nel parlare della ‘malattia’ presente nei terapeuti (includendo se stesso). Ricorda tra l’altro il suicidio nel 1927 del suo maestro Benussi, affetto da psicosi maniaco-depressiva (ma si potrebbe ricordare en passant anche il suicidio di Bruno Bettelheim, avvenuto nel 1990, pochi anni dopo la morte di Musatti).

Del resto, potremmo aggiungere, la riflessione sul delicato e complesso rapporto tra mondo interno del paziente e mondo interno del terapeuta (che comunque è un essere umano anche lui), sta alla base dell’empatia (concetto molto importante ai tempi d’oggi) da una parte, e di tutti i vari discorsi sull’ ‘annullamento’ dell’Ego del terapeuta, dall’altra.

Per il resto, il libro è fortemente incentrato sulla concezione di stampo freudiano del rapporto causa-effetto dei fenomeni psichici: ogni nostro sintomo, ogni nostra azione, ogni nostro pensiero, per quanto siamo magari restii a scorgerne una causa, ha una ben precisa causa. Magari apparentemente illogica, paradossale. Ciò ci dice Musatti ad esempio nel capitolo L’amaro tè del generale Yen (dedicato al cinema). Questa è stata una delle grandi svolte della psicoanalisi. 
Se volessimo proprio trovare un limite al libro di Musatti, potremmo dire che ciò che lui ‘ha svelato’ a quel punto della sua vita come frutto delle esperienze di una vita, oggi (oggi che non solo la cultura freudiana ma anche quella junghiana a grandi linee si sono abbastanza depositate nel comune modo di sentire in Italia) ci sorprende meno, o poco (vedi ad esempio le analisi dei sogni presenti nel libro). Ciò che di ‘importato’ da parte di Musatti di Freud all’inizio, negli anni ’50 o ’60 avrà nel nostro Paese sicuramente destato sorpresa e scalpore (e anche molte resistenze), oggi non suona più come una vera novità, in quanto siamo ‘viziati’ dalla diffusione ben più radicata del pensiero ‘diretto’ (senza intermediari) di Freud. L’arte, il cinema, hanno da parte loro contribuito decennio dopo decennio ad educarci ad un modo di pensare (quello autenticamente freudiano) secondo un processo irreversibile. Leggendo Curar nevrotici con la propria autoanalisi a conti fatti viene da chiedersi in cosa Musatti effettivamente si distingua da Freud e in cosa superi, ‘vada oltre’ Freud. Sappiamo inoltre che Musatti soprattutto negli ultimi anni della sua vita si sia molto interessato, come già ho scritto, di cinema, ma anche di teatro e di letteratura. Leggendo quei pochi riferimenti presenti nel libro sull’arte, ci si può domandare quanto l’arte abbia influenzato il pensiero di Musatti, e quanto Musatti possa aver influenzato il mondo dell’arte.

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