Abbecedario di un pianista (2012/2014) di Alfred Brendel

Autore: Alfred Brendel

Prima pubblicazione: 2012, Germania, col titolo A bis Z eines Pianisten. Ein Lesebuch fur Klavierliebende

Prima pubblicazione in Italia: 2014

Casa editrice: Adelphi edizioni

Città:

N. pagine: 156

Alfred Brendel (classe 1931) è uno dei più importanti interpreti della storia del pianoforte. Anche uno dei miei più amati. Le sue incisioni di Mozart, Beethoven, Schubert, Schumann sono tra le più appassionanti della storia del disco. 
Pubblicato in Germania nel 2012 col titolo A bis Z eines Pianisten. Ein Lesebuch fur Klavierliebende e distribuito in Italia nel 2014, l’ Abbecedario di un pianista (col sottotitolo, non presente nella copertina, Un libro di lettura per gli amanti del pianoforte) è un piccolo, arguto libro per addetti ai lavori capace però di solleticare anche l’animo del neofita curioso, desideroso di accostarsi al mondo della musica classica tout court ‘ad un certo livello’. L’impostazione di Brendel è infatti fondamentalmente ‘elitaria’, il suo è un pensiero estetico profondo derivato non solo dalla sua esperienza (sessant’anni di carriera) di interprete, ma anche da un’illuminata lettura di testi di stampo storico e filosofico.
Sarebbe un errore intendere l’ Abbecedario come un testo di ‘rapida consultazione’ (anche se ne ha tutta la parvenza). In realtà si tratta di un condensato di esperienze stratificate nel tempo, è l’approdo a prese di coscienza conquistate col tempo, la pazienza e il ‘sacrificio’ com’è tipico dell’umanista, dell’uomo di cultura. E’ in quest’ottica che il lettore deve predisporsi. Molti passaggi inevitabilmente possono apparire sfuggenti, enigmatici.

Nella Prefazione l’autore parla della sua predilezione per l’aforisma e il frammento, in senso schumanniano, potremmo aggiungere. Infatti l’ Abbecedario di Brendel non ha la pretesa di disvelare alcuna teoria, alcuna ‘poetica’. Se si è alla ricerca di qualcosa di più organico, si leggano di Brendel Il Paradosso dell’interprete (1987) e Il velo dell’ordine (2001). 
Si tratta invece di un lungo frammentato “discorso” distribuito in tante voci da dizionario in ordine alfabetico (appunto, un abbecedario). Si trovano lemmi di diversa natura: nomi di compositori (“Bach”, “Haydn”, “Mozart”, etc. ), termini tecnici (“Diteggiatura”, “Legato”, “Pedale”, etc.), concetti (“Amore”, “Commozione”, “Profondità”, “Semplicità”, “Vita e opera”, etc.). 

L’autore nel suo studio, tra pianoforte, spartiti, ritratti e libri.

E’ proprio interessante notare questo desiderio da parte dell’autore di soffermarsi sul ‘micro’ e sul ‘macro’, sul ‘tecnico prosaico’ e sul ‘poetico’ (la sfera delle emozioni): “l’intero universo pianistico!”, si potrebbe esclamare. Paradossalmente, forse più difficile scrutarlo, questo universo, attraverso un aforisma, che non attraverso un sistematico trattato.  

Dal punto di vista del lettore, più che un “punto d’arrivo”, un “punto d’inizio” per nuove ulteriori letture che possano gettar luce su alcuni punti oscuri. 
Alcuni passaggi (candidamente puerili) sono neve che si scoglie al sole, altri invece restano impressi per sempre, altri ancora stimolano ad ascoltare (se ancora non lo si è fatto) i brani musicali e i pianisti che Brendel cita.  
Penso che l’autore si sia profondamente divertito a scrivere questo libello, che non ha la pretesa di ‘istruire’ ma piuttosto di donare cultura e di indirizzare verso un certo tipo di sensibilità.

(Questa recensione la dedico a Giorgio Bernardi Perini, in memoriam).

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